Occorre dimenticare per un attimo l’opulenza della pasticcerie siciliane per immergersi nei luoghi dove la tradizione dolciaria siciliana è nata: i monasteri, qui le monache, per lo più di clausura, in passato confezionavano pasticcini e dolcetti ‘preziosi’ da utilizzare come merce di scambio con il mondo ‘fuori’, utilizzando ricette e metodologie di preparazione che rimanevano rigorosamente segrete all’interno delle mura monastiche
Uno dei pochi monasteri isolani che oggi continua questa splendida e leggendaria tradizione è il Monastero di Santo Spirito di Agrigento fondato dalla famiglia Chiaramonte nel 1299 in quella che era la vecchia Girgenti; occorre inerpicarsi nel ripido e scosceso centro storico agrigentino per giungere alla porta del Monastero dove prima si suona il campanello esterno manifestando la propria volontà ad acquistare i dolcini da loro preparati; successivamente si viene accolti in un atrio dove da una finestra la suora porge il frutto di tanta amorosa preparazione.
Cosa si assaggia dalle suore? Prima di tutto l’eccezionale cous cous dolce, che le monache cistercensi continuano a confezionare con gli antichi immutati sistemi a base di pistacchi da produzioni locali, essenzialmente dalla zona di Favara e di Raffadali (meno conosciuti di quelli di Bronte, ma altrettanto buoni), insieme a mandorle e gocce di cioccolato. La conchiglia, forma presente anche in alcuni bassorilievi del Monastero e in tutto il Rinascimento, è un altro dolce classico delle cistercensi di Agrigento, una buonissima pasta reale che fa da scrigno ad un prezioso ripieno di pasta di pistacchio: una scultura di alabastro opalescente pennellata di rosa e verde a simbolo della fertilità e della vita, come d’altra parte la conchiglia stessa, che è quasi un peccato mangiare. Gli altri dolcini disarmano per la loro semplicità e bontà: i rustici bucellatini con i fichi secchi, gli amaretti di pistacchio, preparati unendo all’oro verde un’equilibrata dose di mandorle amare, e i biscotti ricci, vera e propria esaltazione della mandorla e dello zucchero, confezionati sempre con la stessa tecnica di preparazione degli amaretti di pistacchio: la ricetta di questa specialità, ha valicato le mura del monastero ed è arrivata nei laboratori dei pasticcieri di Mussomeli (Cl) e Canicattì (Ag).
A questo punto con i dolcini racchiusi da un semplice e candido incarto e un nastrino rosso, si esce dal monastero cercando un angolo raccolto della vecchia Girgenti per gustare in un clima quasi ascetico una colazione di rara e genuina bontà.